capire il presente

L’amore viaggia oltre il tempo e lo spazio

Interstellar (USA 2014), di Christopher Nolan, è un film dalla grande forza visiva che esprime in immagini straordinarie le teorie fisiche che reggono un complesso racconto; lo si può ricondurre al filone “apocalittico”: in un futuro imprecisato la Terra non è più in grado di fornire sostentamento all’umanità per via di siccità, disastri naturali, malattie. Un gruppo di scienziati ha individuato l’unica via percorribile: esplorare l’universo alla ricerca di un altro pianeta abitabile; i protagonisti intraprendono un viaggio alla ricerca di alcuni esploratori partiti anni prima e che avrebbero trovato tre possibili nuovi mondi per l’umanità.

SULLA SOGLIA DELLA FINE DEL TUTTO

La prima parte del film descrive l’ambiente ostile in cui l’umanità è costretta a vivere, e fa esplicito riferimento ad una catastrofe realmente avvenuta negli USA negli anni ’30 del secolo scorso: il “dust bowl”, gigantesche tempeste di sabbia causate da tecniche agricole inadeguate e che aggravarono, con siccità e migrazioni, la crisi della grande depressione. L’uomo si trova, in maniera mai sperimentata prima, a lottare per la sopravvivenza, a lottare contro la morte. Non a caso il progetto di esplorazione spaziale raccontato viene chiamato “Lazzaro”; inoltre: in tre occasioni viene citata una poesia di Dylan Thomas in cui si ripete “E tu, padre mio, infuriati contro il morire della luce”, un esploratore ritrovato dagli astronauti viene svegliato dall’ibernazione e dice “mi avete fatto risorgee dalla morte”, le comunicazioni tra chi è rimasto sulla Terra e chi è partito (che non può rispondere) assomigliano alle preghiere dei vivi verso i defunti. Che può fare l’uomo contro la morte?

LE RISPOSTE DELLA SCIENZA

C’è molta scienza in Interstellar: il premio Nobel per la fisica Kip Thorne ha collaborato intensamente all’elaborazione della sceneggiatura, arricchendola di riferimenti alle teorie sulla relatività e la gravità, sui buchi neri, e sui discussi “wormholes” che consentirebbero enormi salti spaziali, utilizzati infatti nelle vicende narrate. Nel film la scienza è impegnata in complicate elaborazioni della teoria gravitazionale, nel tentativo di fornire al genere umano le tecnologie necessarie per effettuare un’odissea verso un mondo più accogliente. Tuttavia, quella del film di Nolan non appare come una scienza “scientista” ed onnipotente: il protagonista, Cooper, è convinto che “la scienza è ammettere ciò che non sappiamo” e la trama è ricca di rischi da assumersi, decisioni da prendere senza possedere tutti i dati, processi di fiducia nell’altro su cui basare scelte difficili; viene poi stigmatizzato chi pensa alla sopravvivenza umana solo nei termini astratti di “salvaguardia della specie” e non come salvezza del singolo.

OLTRE L’UMANO?

Nel film gli uomini sono affiancati da esseri misteriosi in grado di cavalcare le dimensioni del tempo e dello spazio, utilizzando le leggi della gravità: sono loro a indicare la via verso mondi lontanissimi e a favorire le scoperte scientifiche necessarie alla progettata fuga dalla Terra. Chi sono “loro”? Cooper giunge alla conclusione che “loro non sono esseri, siamo noi, persone che si sono evolute oltre le quattro dimensioni che conosciamo”. Se già in 2001 Odissea nello spazio, più volte citato da Interstellar, si ipotizzava l’evoluzione dell’uomo verso dimensioni sconosciute, sembrano qui risuonare talune utopie transumaniste che prevedono la possibilità di riprogettare la condizione umana in modo da evitare l’invecchiamento, le limitazioni dell’intelletto, la prigionia sul pianeta Terra. Nel contempo il film evidenzia qualche zona d’ombra in tali prospettive: uno degli astronauti che intraprese i primi viaggi interstellari attira con false informazioni i suoi colleghi verso il pianeta inospitale in cui si trova, allo scopo di salvare la pelle. Il protagonista è costretto a riconoscere, anche facendo una realistica analisi su di sé, che la natura umana è corrotta, che portiamo il male dentro di noi e lo esportiamo fino ai confini dell’universo.

UN’ALTRA RISPOSTA

In un’altra scena chiave, i protagonisti sono costretti a scegliere, tra due pianeti, dove dirigere l’astronave; Amelia Brand propone il pianeta dove anni prima si era diretto l’astronauta Edmunds, ma Cooper intuisce che Amelia ama Edmunds e teme che ciò influenzi il suo giudizio in modo non “scientifico”. La Brand replica: “l’amore non è una cosa che abbiamo inventato noi: è osservabile, potente. Noi amiamo perfino persone che sono morte: l’amore è l’unica cosa che riusciamo a percepire che trascenda le dimensioni del tempo e dello spazio; forse dovremmo fidarcene”. Ed è proprio l’amore di Cooper verso i figli (un amore non generico) che lo spinge ad effettuare un viaggio impossibile, e a compiere il sacrificio di lasciarsi cadere in un buco nero per consentire all’astronave di Brand, in difficoltà, di proseguire il viaggio. In questo modo, però, avrà accesso ai segreti della gravità e la relazione di fiducia tra padre e figlia, attraverso gli abissi dello spazio – tempo, porterà alle soluzioni necessarie alla salvezza dell’umanità. In Interstellar l’amore è l’unica dimensione umana che trascende il tempo, cioè che supera la morte.

Un fotogramma di Interstellar

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