capire il presente

Le donne raccontano la guerra con gli occhi delle vittime

Immagini terribili ci appaiono ogni giorno, occhi impauriti raccontano la sofferenza di un popolo a noi molto vicino, basti pensare a quante migliaia di badanti si prendono cura ogni giorno dei nostri familiari.

Tra i tanti mi colpisce in modo particolare lo sguardo delle donne, con i loro bimbi stretti al petto, poche cose con sé, solo lo stretto necessario, un saluto ai propri compagni con tutta la disperazione di quello che potrebbe essere un addio, e via di corsa verso un altro destino, senza guardarsi indietro, non c’è tempo.

In questi sguardi pieni di sofferenza si legge però anche tanta dignità, il coraggio delle donne che non abbandonano la speranza di un futuro per i propri figli e la loro terra, quella in cui hanno vissuto e nella quale sperano di poter un giorno tornare.

Ci vuole coraggio a mantenere la propria dignità quando si viene umiliate, cacciate dalle proprie case e dalla propria vita, quando si è responsabili della memoria di un popolo.

Il coraggio non è negoziabile. O c’è o non c’è.

L’umanità abbraccia tutti, i pavidi e gli impavidi, ma le donne, tradizionalmente bollate come “sesso debole”, sono capaci di profondi e significativi atti di ribellione quando vedono che tutto sembra perduto.

Non sono femminista nel senso ideologico e radicale, ma riconosco che nelle donne c’è una forza intensa e profonda, solo apparentemente celata, capace di rendersi palese nelle circostanze più gravi.

E non è un modo di essere solo delle madri: anche quando non lo sono, le donne non dimenticano mai quel ruolo di portatrici di vita.

Le donne non fanno la guerra, perché sono capaci di generare la vita.

Perché sanno prendersi cura e creare alleanze.

Generalmente, non sono nelle linee di combattimento, non vengono chiamate alle armi ma combattono nella trincea della vita la loro battaglia: si preoccupano di accudire, sfamare, consolare e la loro presenza diventa forza e speranza non solo di un popolo, ma dell’umanità intera.

Conoscono bene l’attesa, vivono l’impegno e la dedizione con cura, conoscono il sapore amaro della delusione, patteggiano ogni giorno con chi le considera minori nei diversi campi e nelle più disparate prove.

Non siedono ai tavoli ufficiali delle trattative, a quelli ci vanno gli uomini, condannati a dimostrare la loro forza muscolare.

L’energia vitale femminile deriva dalla capacità di percepire tutto in modo intenso e passionale, di immedesimarsi e riuscire ad entrare in empatia con le altre persone.  

Le donne raccontano la guerra con gli occhi delle vittime, dei fragili, delle sofferenza più intime, ma sono loro che rendono la vita più densa.

Donne che partoriscono i loro bambini sotto i bombardamenti: uno sguardo che è un inno alla vita!

Lo sguardo di tenerezza di una mamma al suo bambino, uno sguardo che è capace di inondare di bene anche chi pratica il male.

E’ un momento di Passione: accanto al dolore immenso della distruzione e della morte, le donne sono la compagnia che il Signore ci ha lasciato all’estremo della Sua vita. Si può affrontare la croce solo a patto che la Madre sia con noi, affinchè la nostra vita non sia un posto vuoto, una casa disabitata.

Queste madri sono l’esempio da seguire, la bellezza dei loro sguardi carichi di speranza che rimangono e continuano a dare la vita.

Loro sono la possibilità di scelta che abbiamo ogni giorno per vivere: dispersione, panico, dolore oppure presenza, bontà, bellezza. 

Rifugiati alla stazione di Leopoli (Ucraina) Foto di Ruslan Lytvyn

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